Il credit scoring è ormai uno strumento centrale per valutare l’affidabilità finanziaria dei consumatori, ma solleva delicate questioni di trasparenza e tutela dei diritti. La Corte federale amministrativa di Vienna (sentenza 28 marzo 2025, W292 2301229-1/29E) ha affrontato due aspetti rilevanti del trattamento dei dati da parte di una società privata di rating.
Da un lato, ha autorizzato la conservazione per cinque anni dell’informazione relativa a un accordo extragiudiziale, ritenendola coerente con il legittimo interesse dei creditori e con la normativa bancaria europea. Una posizione che si discosta dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia sul trattamento dei dati dei registri pubblici delle insolvenze, in quanto riferita a dati di natura privata.
Dall’altro, ha accolto la richiesta di cancellazione del punteggio «0 – impossibile calcolare», considerato una decisione automatizzata ai sensi dell’articolo 22 GDPR. In linea con la pronuncia Schufa (C-634/21), la Corte ha ribadito che anche valutazioni negative o “non calcolabili” incidono in modo determinante sulle decisioni di terzi e devono quindi rispettare rigorosi presupposti di liceità.
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